I diritti della persona minore di età nei diversi modelli di “famiglie” sono tutelati con norme di diverso contenuto che promanano da fonti eterogenee nazionali, subnazionali e sovranazionali. Organi e giurisdizioni anche internazionali individuano ed attuano i diritti dei minori, specificando i principi fondamentali della Costituzione e le discipline delle famiglie. Talune disposizioni contemplano misure di diritto sostanziale (si pensi alla tutela del minore nelle pratiche commerciali sleali eseguite nei programmi televisivi e nelle pubblicità, ovvero alla tutela dei minori nella produzione di giocattoli). La tutela può essere garantita, altresì, con strumenti e mezzi processuali. È quanto prevede l’art. 155 sexies c.c. che nell’esercizio dei diritti dei bambini prevede la mediazione familiare (come strumento di composizione dei conflitti familiari) e l’ascolto del minore; nonché l’art. 709 ter c.p.c. con i suoi rimedi “elastici”. La relazione tra diritti sostanziali, processuali e i principi generali emerge nelle convenzioni internazionali, integrate nell’ordinamento italo-comunitario. E’ il principio generale dell’interesse del minore che deve orientare tutte le decisioni che lo riguardano e che richiede la sua partecipazione attiva nei procedimenti che lo coinvolgono. Se capace di discernimento questi esercita le situazioni di cui è titolare. Il rapporto tra i diritti del minore ed il principio-guida del suo prevalente interesse è chiarito dall’art. 3, della legge 76/1991 di ratifica della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo. Siffatto rapporto è riprodotto nell’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E. Tuttavia, difficoltà si incontrano nel dare applicazione al preminente interesse del minore o a rinvenirne la capacità di discernimento Un esempio emblematico delle incertezze applicative si riscontrava nella disciplina dell’accertamento e del riconoscimento dello status di figlio naturale. La esperibilità dell’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità, così come il riconoscimento del figlio naturale, richiedeva un interesse dedotto in via di presunzioni assolute prima, e relative dopo. Le presunzioni impedivano la valutazione del concreto interesse del figlio a vantaggio dell’interesse genitoriale. L’evoluzione della disciplina ha dimostrato l’incostituzionalità dell’art. 274 c.c. per violazione degli artt. 3, co. 2 , 24 e 111 cost. dichiarata dalla Consulta con la sentenza del 10 febbraio 2006 n. 50 e la necessità della valutazione del concreto interesse del minore infrasedicenne nell’ipotesi del riconoscimento del figlio naturale ex artt, 250, co. 3 e 4, c.c.